Monte Rosa, la Capanna Regina Margherita

Paolo e Ruggero

DUE GIORNI TRA GHIACCI E ALLEGRIA

Monte Rosa, la Capanna Regina Margherita. Il Rifugio più alto d’Europa. Ognuno a modo suo l’ha cullato e coccolato nel tempo il sogno di raggiungere questo traguardo, preparandosi a modo suo per questo affascinante appuntamento. Per molti è la prima volta, altri ci sono già stati. Ma il fascino del ghiacciaio e dell’alta montagna è sempre lo stesso. E grazie ai ragazzi del Gram della S.A.T. di Riva tutti possono provare, o almeno tentare di provare, questa grandissima emozione.



Siamo in 35 quasi nel cuore della notte di sabato 28 luglio. Occhi gonfi, sguardi assonnati, chi se ne sta in silenzio e chi non smette mai di parlare. Gli zaini sono carichi di tutto punto. Stefano, Rudy, Ruggero e gli altri hanno preparato con cura ogni dettaglio, dalle picozze alle corde, dai ramponi a tutti i tipi di moschettoni che possono servire. Si parte da Riva, un passaggio ad Arco e poi si raccolgono alcuni partecipanti anche a Rovereto.

In pullman, dopo circa un’oretta di chiacchiere e scherzi vari, prende il sopravvento la stanchezza e la prospettiva di un lungo viaggio prima di giungere al nostro punto di partenza. Ad Alagna piove e le prospettive non sembrano incoraggian- ti. Ma non c’è nessuno che ha voglia di tornare indietro. Le previsioni non sono incoraggianti ma il giorno seguente il tempo dovrebbe miglio- rare. Con due tratti di funivia facciamo un balzo di quasi duemila metri di dislivello. Fa freddo, il vento ti sferza il viso. Ci prepariamo e dopo un “pranzo frugale” ed esserci imbacuccati di tutto punto, intraprendiamo il nostro cammino che in poco meno di due ore ci porterà al Rifugio Gni- fetti. L’entusiasmo è alle stelle. Tagliamo la parte bassa del ghiacciaio Indren, saliamo un cordone morenico con l’aiuto di alcune corde fisse per poi aggirare attorno ad un promontorio e portarci sul ghiacciaio Garstelet. Alla nostra sinistra si scorge chiaramente la sagoma del Rifugio Mantova, a destra la chiara traccia su neve che porta alla base del promontorio in cima al quale sorge il Rifugio Gnifetti. Il gruppo si allunga e alla spic- ciolata arriviamo con calma alla meta di questa nostra prima giornata, a quota 3647 metri. Il sole squarcia le nuvole e la seconda parte della giornata ci regala un cielo terso e la speranza che domani sia ancora meglio. Prendiamo posto nelle camerate, si ride e si scherza mentre Rudy, Ste- fano, Ruggero e gli altri formano le cordate per il giorno seguente. L a cena è ot ti- ma, la compagnia altrettanto. Pec- cato solo il mal di testa (dovuto a l la quota) che attanaglia a lcu- ni di noi. Tutti a nanna, domani la sveglia suona nel cuore della notte. C’è chi dorme di gusto e chi non riesce a chiudere occhio mentre fuori il vento sferza il ghiacciaio e l’isola rocciosa sulla quale sorge il rifugio. Si parte alle 4.30, sveglia un’ora prima per prepararsi e fare un’adeguata colazione. Ma quando arriva il momento di tirarsi su, ecco la brutta sorpresa. Nevica e non si vede nulla a venti metri di distanza. Le previsioni dicono che dovrebbe migliorare ma intanto il tempo scorre e si “mangia” minuti ed ore preziose per rimanere nella tabella di marcia. I ragazzi del Gram e tutti noi non possiamo fare altro che aspettare e sperare. In queste condizioni non si può rischiare, non si vede niente e basta un nulla per finire in un crepaccio. Se alle 6 non migliora, tutto annullato. Le “preghiere” di molti vengono ascoltate. Col chiarore del nuovo giorno smette di nevicare e il cielo si apre. Ma troppo tempo ormai se n’è andato, si decide di puntare al Colle del Lys, a quota 4248, spartiacque stupendo tra il versante nord e sud del Monte Rosa. Comunque un bel traguardo per tanti di noi. Ci si prepara di tutto punto, il vento ti congela anche i pensieri mentre diverse altre cordate oltre alla nostra si preparano per mettersi in marcia e dal Rifugio Mantova arrivano altri temerari decisi ad arrivare alla meta.

Si parte, l’entusiasmo è comunque alle stelle e la concentrazione al massimo. La pista che risale il ghiacciaio del Lys è ben tracciata e la marcia procede senza intoppi anche se ovviamente c’è chi fa più fatica e chi deve adattarsi alla marcia del gruppo. Un paio di cordate vanno avanti spedite mentre le altre procedono a ritmi meno sostenuti e si fermano, come da programma mattutino, alla sommità del colle. E così arrivati al Colle del Lys con un cielo meravigliosamente limpido tutti i componenti la cordata si sentirono ancor più motivati a proseguire. Fatti due conti sul tempo a nostra disposizione per arrivare in vetta e ritorno si decide di continuare. Senza perdere tempo iniziamo a discendere brevemente su un lungo traverso abbastanza pianeggiante passando sotto una piccola seraccata che fa parte della Punta Parrot. Nel contempo ci avviciniamo sempre di più sotto il grande muro dal fondo del quale si può scorgere chiaramente la nostra meta, la Capanna Margherita. A questo punto dobbiamo fare i conti con il deciso cambio di pendenza e lo sforzo inizia a farsi sentire in modo deciso e determinato, tutto questo a causa della quota e del ritmo sostenuto. Ad un certo punto sentiamo un grido di chiamata, ci giriamo, e in lontananza riusciamo a scorgere un’altra cordata del nostro gruppo che ci segue. Avere compagnia fa sempre piacere.

Abbiamo appena oltrepassato alcuni grossi cubi di ghiaccio che incombono proprio sopra di noi, a causa di uno stacco avvenuto tempo addietro, per raggiungere obliquamente il Colle Gnifetti. Vi assicuro che il vento non manca, ci sferza quel poco di viso che abbiamo scoperto e prepotentemente cerca di entrare attraverso l’abbondante abbigliamento. Ma è da un po’ che le nostre pause sono diventate si soventi ma estremamente corte per non lasciarci sopraffare. E si prosegue imperterriti, l’obiettivo è vicino ma allo stesso tempo sembra quasi irraggiungibile, complice anche il grande sforzo che si fa sempre più insopportabile. Ma non possiamo fermarci o tornare indietro proprio adesso. E anche l’altra cordata ci segue a distanza e anche lei non molla! Raggiungiamo il punto più ripido in assoluto di tutta la via. È l’ultimo sforzo per raggiungere la vetta. Vetta che lentamente vediamo sempre più vicina ma che nella nostra testa sembra ancora così lontana. Non dobbiamo perdere la concen- trazione. Ma la grande motivazione vale tutti i nostri sforzi concedendo a tutti i componenti la cordata di raggiungere la vetta. Poco dopo, anche l’altra cordata può festeggiare l’agognato traguardo.

Così riuniti tutti insieme con grande gioia e soddisfazione non è mancato un caloroso sa- luto esternato da un abbraccio ed un grande EXCELSIOR!
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