Cinquant’anni: una vita nella SAT di Riva

di Mauro Caceffo


L’anno scorso, in occasione della castagnata dei V.I.P versai, come facevo regolarmente ogni anno, la quota d’ iscrizione alla S.A.T. per l’anno 2012 e così, con grande soddisfazione, attaccai sulla mia tessera il 50° bollino, già sapendo che al Congresso del 2012, avrei ricevuto il riconoscimento per questo mio traguardo e adesso, passato quasi un anno, sono qui a Vezzano per questa cerimonia. Sento chiamare il mio nome e, con emozione assieme ad altri miei amici, mi avvio verso il palco per ricevere il diploma e il distintivo: sono pochi passi, ma sono passi lunghi ben cinquant’anni. Cinquant’anni sono tanti ma visti con lo sguardo di adesso devo ammettere che forse sono passati troppo velocemente. Nella vita di ogni persona ci sono sempre dei valori importanti: la famiglia, il lavoro, il proprio Credere, lo sport: nella mia oltre a questi ci sono stati la montagna, gli Scout e la S.A.T. ...
Quando ero un ragazzino andavo in montagna con mio padre frequentando i monti e i rifugi attorno a Riva e la parola S.A.T. mi diceva ben poco, era solo una parola che si riferiva a qualche episodio particolare. Per esempio: dell’uomo con i baffetti e sempre pronto alle battute, che vendeva chiodi e maniglie nel negozio all’incrocio di viale Dante, mio padre mi diceva: “lè el’ Tonin Alberti, el presidente dela S.A.T. de Riva.” Qualche sera d’inverno, fatti pochi passi perché io abitavo in via Montanara, il papà mi portava nella sede della S.A.T., presso la porta San Marco, facendomi salire su una scala erta e stretta fino a una serie di locali un po’ austeri e lì trovavo una persona di poche parole che stava generalmente riempiendo di segatura un vecchio fornello color porpora argentata, fornello che doveva poi servire per riscaldare l’ambiente. Anche lì la mia domanda era la stessa: “papà quel li?” “ l’ è el Giacomin Torboli, l’ è en vecio socio della S.A.T. e l’ è un che lè stà en gran sportivo della Benacense!”


A volte, quando andavo a trovare mia nonna Rosa, che abitava su in via Marocco, quasi sempre mi capitava di trovare, appoggiati al muro, in estate qualche corda o picozza mentre d’inverno diversi paia di sci ancora gocciolanti e vista la mia curiosità la nonna mi diceva: “i è arivadi i to zii con i so amizi della S.A.T.”. Nelle occasioni che si raggiungeva il rifugio San Pietro, mio padre mi spronava ad andare a salutare il Francesco e la Maria perché: “i era i gestori de sto rifugio della S.A.T.” e Giacomo Floriani e sua moglie Lucia, una persona burbera che abitava in una baita lì vicino al rifugio perché: ”l’era el poeta di Riva e anca en vecio socio della S.A.T.”. In qualche occasione mio Zio Neno mi raccontava dei Veglioni di Carnevale, oppure dei barconi della Notte di Fiaba organizzati dalla Sezione S.A.T. di Riva. Ecco per me, allora, la S.A.T. era tutto questo e poco più. Poi lasciai Riva per tre anni per andare a fare le scuole medie vicino a Torino e ritornai a casa, quattordicenne, nel luglio del ‘59. Una sera di settembre vidi delle persone che portavano una bara sotto la porta San Marco, dove ancora adesso c’è la sede della S.A.T. e rivolto a mia ma dre chiesi : “cosa fanno?” lei mi rispose: “iè drio che i fassù na camera ardente per un rivan che l’ è mort su per la montagna.” Siccome si parlava di montagna allora domandai al papà: “chi el? ” “l’ è el Faustin, el falegname amico del Poldo del latte. L’ è cascà dalle rocce perché l’era na a rampegar” (rampegar: ecco una parola nuova per me). Il Poldo, invece, era un uomo che alla sera, con la sua Ape: “el steva su ‘n cantom de via Montanara e el vendeva el latte alle donne che le neva li a torlo con la gamela”. Curioso come sono sempre stato, scesi giù e vidi una bara con vicino delle candele accese con lì accanto don Giorgio Degara, però la bara era circondata da un gruppo di giovani con un bel maglione color rosso vinaccia e un distintivo sul davanti. Vedendo che lì vicino c’era mio zio Vittorio, anche lui vestito da montagna, gli chiesi chi erano quelli che portavano quel maglione, lui mi rispose: “i è i so amizi del Gruppo Rocciatori della S.A.T. di Riva”. Il giorno dopo seguii, da lontano, il funerale. La bara di Fausto Susatti era portata a spalle dai suoi amici rocciatori con il loro maglione color rosso vinaccia e scortati dagli uomini del Soccorso Alpino di Riva, con loro c’erano mio zio Vittorio, Berto Boschetti, Celestino Tamburini, Netto Floriani, Ezio Micheloni, Lino Brunelli e altri, vestiti con le loro braghe alla zuava e con le corde da roccia sulle spalle. Ecco che allora la parola S.A.T. prese per me un altro senso.
Qualche anno dopo cominciai anch’io a girare per i monti e per i rifugi con i miei amici Giorgio, Enzo e Tullio Pastina, Franco, Sergio, Rolli e tanti altri e questa mia passione fece si che mio padre, al compimento del diciottesimo anno, mi regalò la mitica tessera della S.A.T. L’occasione di ampliare la conoscenza delle montagne mi venne poi donata dalla Sezione di Riva perché essa incominciò ad organizzare delle splendide gite domenicali. Dapprima con l’insuperabile capo gita Severino Salizzoni “El Sior”, una persona che seppur rigorosa era sempre paziente con noi giovani, poi con il Cesarino Mutti che alcuni anni dopo diventò per tanto tempo Presidente della Sezione di Riva. Eravamo una bella compagnia, magari un po’ rumorosa sul pullman, ma pur sempre capace di stare assieme per fare in allegria delle belle escursioni, anche impegnative, sulle nostre splendide montagne. Passò qualche anno e la mia vita in montagna cambiò nuovamente perché entrai a far parte, come aspirante e poi come socio effettivo, di quel Gruppo Rocciatori che avevo visto portare con tanta fierezza, assieme a tanta tristezza, quel maglione rosso vinaccia in una tragica situazione di qualche anno prima.
Entrato a far parte del Gruppo, trovai Nino Miorelli che in quel momento era anche presidente della S.A.T. di Riva e che, con gli altri amici delle nuove direzioni, aveva dato un impulso nuovo alla vita della Sezione e assieme a lui trovai Mario Foletti, Gino Bugoloni, Alvise Squarzoni (detto el vecio), Graziano Marzari, Gianni Angelini che tutti simpaticamente chiamavano “el pipa”, Tello Ferrari che qualche anno dopo, attraverso una splendida attività alpinistica, diventerà Accademico del C.A.I., poi Giorgio Bombardelli, Renzo Tonelli e Renzo Squarzoni, Franco Micheloni da tutti chiamato Mike, Ivo Benedetti, Albertino Betta, Franco Torboli, Giuseppina Maule, Sergio Giuliani, Tito Gallas e tanti altri. In questo momento mi tornano alla mente le tante ascensioni fatte assieme a loro: dalle Piccole Dolomiti al Gruppo del Brenta, dal Gruppo Sella al Catinaccio, le tante e magari ripetute salite sulle cima dell’Adamello e della Presanella, sul Carè Alto e sul Cevedale, sul Gran Zebrù, sull’ Ortles e sul Bernina. Anche quelle giornate passate con il Rolli nel Gruppo del Cristallo e sulla cima dell’Antelao nel Cadore e tante, tante altre ancora... Non posso però dimenticare le tante emozioni ma anche le tante rinunce, le grandi gioie e con esse anche qualche paura. Allora si frequentava regolarmente la sede per stare assieme, per organizzare le uscite e per vivere le serate alpinistiche che la Sezione ci proponeva. Ho potuto così ascoltare le esperienze di grandi alpinisti: da Marino Stenico ad Armando Aste, da Sergio Martini fino a Bepi De Francesch e Reinhold Messner. Tutti assieme abbiamo partecipato anche a delle indimenticabili serate dove si è potuto ascoltare e ammirare tanti cori di montagna: da quelli magici della S.A.T. e della Sosat, alle Bianche Zime, e poi tanti altri fino al Coro Castel di Arco. La Sezione di Riva, con questi eventi, ci aiutava a crescere veramente nell’amore per la montagna in tutti i suoi aspetti. Un particolare evento, però, non l’ho più dimenticato: Il Congresso della S.A.T., qui a Riva, nel 1965. Tutto era stato organizzato con una vera “pignoleria” perché era stato il socio Mario Pignoli, assieme a tutta la direzione di allora e con l’impegno di tanti volontari, che seppe prodigarsi nel preparare, con ingegno e fantasia, quel grande convegno. Con quanta emozione ho vissuto quella giornata, quel nostro sfilare in corteo, con i maglioni rossi e il distintivo del Gruppo Rocciatori e Alta Montagna della S.A.T. di Riva, con le corde e le picozze, passando sotto una miriade di volantini di benvenuto, nel centro storico della nostra città. Era la S.A.T. Trentina che si mostrava con fierezza a tutta la città di Riva e devo dire che quel giorno perfino la Rocchetta, la nostra montagna, sembrava che ci osservasse con meraviglia e orgoglio. Passò qualche anno e noi, del Gruppo Rocciatori, ci buttammo in una impresa insperata: costruire una ferrata che dalla chiesetta di Santa Barbara ci portasse dritti in Cima S.A.T. sulla Rocchetta. Tutto era nato da un idea, che dapprima noi tutti pensavamo pazzesca, di Renzo Tonelli supportato in pieno e con entusiasmo da Renzo Squarzoni: essi passarono intere estati sulle cenge sopra la Capanna di Santa Barbara per trovare un passaggio e una risposta alla loro idea. Finalmente la S.A.T. di Riva, con in prima persona il presidente Nino Miorelli e tutta la direzione, fece propria questa avventura. In quel momento Mario Foletti, capo gruppo dei Rocciatori, ci chiese l’impegno di tutti e così iniziò quell’ impresa che alcuni anni dopo fece dire ad una Guida Alpina di Riva: “voi pensavate di costruire qualcosa per voi, invece avete costruito una grande opera per la bellezza e il futuro del nostro territorio”. Con tutta onestà devo però dire che io ho partecipato solo alle prime uscite: in pratica fino ai lavori del terrazzino di ferro della prima scala perché, tempo dopo, trovai una nuova compagnia che purtroppo mi distolse da questa avventura. Però con immenso piacere vidi, anche se da lontano, che per la riuscita di questo obbiettivo ci fu l’apporto di tanti amici, al di fuori del Gruppo Rocciatori, che impegnarono con costanza se stessi, le loro capacità e i loro mezzi per far si che questo grande progetto arrivasse ad essere terminato, per questo al momento della tanto desiderata inaugurazione, che arrivò nel 1972, si decise di dare a questa significativa opera il giusto nome che si meritava: Ferrata del Centenario della S.A.T. “VIA DELL’AMICIZIA”. Purtroppo, poco tempo dopo questo bellissimo evento, venne però a mancare l’amico Renzo Tonelli, che questa ferrata l’aveva ideata e fortemente voluta, egli morì in un incidente stradale.
Qualche anno dopo altre ferrate vengono costruite sulla Rocchetta. In quelle occasioni ho conosciuto Silvio (Bacon), Enzo Fruner e Rino Zanotti. Intorno a cima Capi nascono così: la via Susatti, e poi, in seguito, il Sentiero attrezzato Mario Foletti. Questa opera venne dedicata al nostro capogruppo che aveva perso la vita in un disperato tentativo di recuperare un ragazzino annegato in un lago. Con il passare degli anni tanti amici, con cui avevamo condiviso il magico mondo delle montagne, ci lasciano: Nino Bertoldi e Gigi Lotti, generosi e instancabili amici per tanti anni in direzione della S.A.T. E ancora Renzo Tonelli, Mario Foletti, Alvise Squarzoni, Rino Zanotti, Mirella Ischia e tanti altri che portiamo nel cuore e nel ricordo. Come sempre, nella vita di ognuno, con il passare del tempo importanti impegni di vita si fanno sentire e così pian piano si va un po’ meno in montagna, ma soprattutto si partecipa sempre meno alla vita della Sezione, non si va più in sede e forse l’unico forte legame che resta è l’acquisto del bollino e la regolare partecipazione alle assemblee annuali. Con Franco e Claudio, ogni tanto, si partecipa alle cene sociali e alle serate degli auguri di Fine Anno. Se si va in montagna si va con obbiettivi diversi e più facili. Si incomincia a salire solo fino ai rifugi perché essi, che una volta servivano come basi per salire alle grandi cime, sono diventati col tempo delle semplici mete. Assieme ad altri incomincio a ripercorrere le nostre montagne attorno a Riva: montagne che forse un tempo avevo trascurato per cime che allora consideravo più importanti e così ho la possibilità di rivedere posti con panorami incantevoli. In seguito, con la nuova passione che mi hanno trasmesso Franco e Claudio, inizio ad andare alla scoperta dei grandi resti della prima Guerra mondiale, quella immane tragedia che ha riempito le nostre montagne di opere notevoli. Così inizio a percorrere non solo i monti intorno a Riva e Rovereto ma anche gli Altipiani di FolgariaLavarone e su su fino a quelli di Asiago e oltre. Intanto nella Sezione di Riva, dopo tanti anni di generoso impegno, Cesarino Mutti lascia la presidenza e la nuova direzione sceglie un giovane come nuovo presidente: Marco Matteotti. Seppur nella continuità e nella consolidata tradizione, Marco Matteotti mette nuova linfa nella vita della Sezione e così si inizia a pensare come avvicinare alla montagna tante persone che per vari motivi ne sono un po’ lontani. Nascono così due nuove iniziative: Famiglie in Montagna e la S.A.T. a Scuola. Una domenica di primavera di 5/6 anni fa, assieme a Claudio e Franco, vado a fare un giro con le ciaspole intorno all’Altissimo; l’escursione era stata organizzata dal Gruppo Famiglie della S.A.T. di Riva. Arrivato dov’era stata stabilita la fermata per condividere assieme il pasto, mi appoggiai contro il muro dello stallone di una malga a prendere un po’ di sole e accanto a me si sedette una signora con dei bambini; dopo un momento lei gentilmente mi offre qualcosa dal suo zaino e poi con molto garbo, visto che era la prima volta che mi vedeva in gita, mi chiese se tutto questo andare in montagna e questa compagnia mi piaceva, ma soprattutto, con le sue parole, cercò di trasmettermi il suo stesso entusiasmo nel far parte della S.A.T.: “sono tre anni che mi sono iscritta e ho già tre bollini sulla tessera, avanti provi ad iscriversi anche lei. Vedrà che ne vale davvero la pena!” io risposi: “Grazie, ma quest’anno io ho attaccato sulla tessera il mio 44° bollino”. La signora, alla mia risposta, rimase un po’ così così, mentre io alla sera, arrivato a casa, cercai di riflettere su questa mia frase infelice e magari un po’ arrogante. Certo che, mentre lei era veramente entusiasta di questa sua scelta, io invece andavo avanti in maniera del tutto scontata e inerte. Così, col tempo, pensai fra di me che, per cambiare stile, ci sarebbe voluto qualcosa di nuovo e, come sempre accade, quel qualcosa di nuovo arrivò quando meno te lo aspetti: Il Gruppo VIP. La direzione della S.A.T. di Riva, assieme al suo presidente Matteotti, sentito il desiderio di alcuni soci un po’ avanti con l’età, ma soprattutto spinta da una brillante intuizione di Cesarino Mutti, per tanti anni presidente della nostra Sezione e dinamico organizzatore e responsabile di splendide gite della S.A.T. di Riva, diede l’avvio ad un progetto nuovo per la vita della nostra sezione, un progetto innovativo, ma anche impegnativo pur nella sua semplicità: riportare in montagna, su percorsi facili e piacevoli, tutti quelli che per via dell’avanzare degli anni e di qualche acciacco avevano rinunciato ormai alle escursioni impegnative. Cesarino Mutti si mise subito all’opera con alcuni suoi volenterosi amici e vennero fatti e poi presentati dei programmi di uscite, e così tanti di noi hanno così subito approfittato di questa nuova possibilità. Gli amici soci Elio Bresciani e Sergio Francesconi, quest’ultimo purtroppo ci ha lasciati poco tempo fa salendo verso la sua amata Capanna Santa Barbara, trovarono anche un nome veramente fantastico per questo gruppo: “I VIP” acronimo che stava per significare: “Vecchietti In Pensione”. Con loro, ricomincio anch’io, visto che nella vita c’è sempre la possibilità di ricominciare, ad andare insieme sulle nostre montagne con tante e nuove proposte: dalle Cime di Lavaredo alle Odle, dallo Sciliar al Pian del Cansiglio e così via, ma la cosa più bella ancora è che stavolta io tutto questo lo faccio assieme a mia moglie.
È splendido ritornare in montagna così, ma è anche stupendo riscoprire che tutti noi, sicuramente un po’ invecchiati e con i capelli grigi, siamo gli stessi che frequentavano con tanto entusiasmo le prime gite degli anni 60/70. A questo gruppo, sempre più grande, si sono aggiunte tante persone nuove che hanno saputo ricreare quelle amicizie che nascono solo in montagna. La Sezione S.A.T. di Riva ha fatto il miracolo, se così si può dire, perché è stata capace di ridare un po’ di entusiasmo ad un “Satino” che forse, questo entusiasmo, l’aveva dimenticato...
Adesso, scendendo i gradini e andando a mettermi in mezzo agli altri con il diploma e il distintivo del mio Cinquantesimo in mano, mi viene in mente una frase che avevo letto una volta nella sede della S.A.T. di Riva. Essa diceva: “più sali, più vali”. Questo sarà anche vero, ma io penso che più sali più vali solo perché questo tuo salire ti rende degno e capace di riconoscere, con il tuo grazie, quel Qualcuno che ha fatto e ci donato tutto questo.

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