Quella strana risposta

Matteo Muchetti

Eccomi qua mi sono deciso a scrivere dopo aver visto “che tempo che fa”, puntata dedicata a Walter Bonatti, presenti in studio alpinisti, amici e compagni di avventura del mitico Walter. Fra questi a raccontarne la vita e le imprese c’era Messner …, una puntata a dir poco commovente, ma una cosa che mi ha colpito per non dire turbato particolarmente, è stato che alla domanda di Fazio:”a quanti anni sarebbe giusto smettere con l’ alpinismo estremo?” Reinhold, che è uno dei più grandi alpinisti, se non il più grande di tutti i tempi, ha risposto:”L’età giusta per smettere penso sia intorno ai 35 anni!!!!” Ora vi racconto perché sono rimasto turbato da questa risposta;
Partiamo dall’inizio: mi chiamo Matteo, ho 35 anni e probabilmente quando questo scritto sarà in stampa, saranno 36, sono nato e vissuto ad Arco, paradiso dell’arrampicata nella culla del Sarca, dove vie classiche, aperte da grandi nomi dell’alpinismo, si sommano a vie più moderne e a smisurate falesie, ed ecco perché sono stato scosso da quella risposta, perché fino all’anno scorso di tutto ciò ne sapevo poco o nulla.
Da maggio 2011 invece divoro libri di”montagna”, dalle avventure su gli 8000 alle biografie di alpinisti più o meno famosi, a racconti e romanzi che trattano il tema. Ma soprattutto da maggio ho cominciato ad arrampicare. Il mondiale c’entra poco, anche se ora vado fiero che la mia città natale abbia organizzato e ospitato questo evento … Mi sono avvicinato a tutto ciò diciamo per motivi sentimentali. Un paio di anni fa ho conosciuto Flavio, capiamoci non è lui ad avermi spezzato il cuore, bensì la figlia, ma è con lui che ho cominciato la mia, spero,lunghissima avventura da ”climber” e perché no, da “alpinista”! Dopo numerose cene e pranzi insieme, dove il tema dell’arrampicata la faceva da padrone, la mia curiosità andava saziata. Così una domenica mattina abbiamo aperto un vecchio armadio, che conteneva vecchi cimeli ma anche un paio di scarpette del mio numero, un imbrago che dopo una spolverata risultava ancora in ottimo stato, e siamo partiti, per la falesia di Nago. Il baule dell’ auto di Flavio sembrava un negozio dedicato all’ arrampicata, arrivati nel parcheggio vicino alla falesia, abbiamo riempito uno zaino con tutto l’occorrente e ci siamo diretti verso la parete! Eccoci sotto il muro verticale, ultime raccomandazioni sull’uso dell’attrezzatura e Flavio attacca quella che sarà la mia prima “via”, se non ricordo male (take it easy 22mt 5c), con una scioltezza imbarazzante arriva in cima e con meno sicurezza scende, visto che ad assicurarlo ci sono io, il novellino. Ora tocca a me, mi lego e dopo una stretta di mano, parto, l’emozione è unica, un po’ di ansia, più che altro perché non so, se avrò paura e se sarò in grado di farcela! Ci riesco non senza difficoltà e con un tempo di salita da “nord dell’Eiger”, mi guardo intorno e mi sento un Dio, ho la sensazione di aver compiuto un impresa, e forse è cosi! Poi mi calo, nuova emozione altro brivido, arrivo con i piedi per terra e abbraccio Flavio, non piango solo per la mia avanzata età ma sono commosso; si penso, questa diventerà la mia passione!
Per tutto il giorno abbiamo continuato a salire e scendere per l’enorme falesia di Nago, cercando, guida alla mano, vie alla mia portata e dopo qualche successo e altrettanti insuccessi, è finita la mia prima giornata da climber. Successivamente, ogni momento libero è diventato il momento ideale per passare qualche ora in falesia, dove imparavo qualche nuova tecnica e provavo manovre a me sconosciute, come ad esempio, la discesa in corda doppia, tutto ciò era una preparazione per il futuro. Dopo qualche mese passato nelle fantastiche palestre naturali, con le giornate che si allungavano, Flavio mi ha chiesto se ero pronto per una via di più tiri. Pronto..?? Penso di si! E così un sabato mattina siamo partiti per la parete Zebrata e dopo una ventina di minuti a piedi, siamo arrivati alla base. Davanti a noi l’immensa parete, la via “Rita” 400mt e 16 tiri facili con qualche breve passaggio di 5c. Abbastanza semplice, ma pur sempre la mia prima via! Arrivati in cima ero un po’ stremato, più dal caldo che dalla parete, ma la vista che mi apparve mi diede una carica di energia e di emozioni, che cancellò ogni fatica provata. I mesi successivi sono stati un alternarsi tra falesia e vie, quest’ultime perlopiù sulla parete san Paolo “Nereidi”, “Pilastro Themis”, “ Helena” e altre aperte da Heinz Grill, uomo che stimo molto per ciò che ha fatto nella valle del Sarca, suo uno dei libri che custodisco gelosamente, regalatomi manco a dirlo, da Flavio, con dedica del maestro che mi augura un buon inizio e una buona continuazione per la mia nuova avventura. Ritornando alla domanda di Fazio, e analizzandola, noto che in effetti, si parla di alpinismo estremo, e questa parola abbinata alla persona di Messner, mi fa stare molto più tranquillo.


Mi auguro che questa nuova esperienza continui con esplorazioni sempre più ambiziose, senza più preoccuparmi della scoperta di questo splendido mondo verticale in età “avanzata” e senza farmi condizionare dalla risposta di Messner, il cui estremo è alla portata di pochissimi uomini al mondo, con doti quasi soprannaturali e non dettato certo dall’età in cui hanno iniziato. Confido quindi nella mia vita sperando che sia lunga, in salita e molto esposta.
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